Il presidente americano ha firmato un decreto che, di fatto, autorizza l’avvio di indagini sulla Cina per accertare che non ci siano violazioni della proprietà intellettuale e il furto di tecnologia ponendosi come obiettivi quello di “proteggere i lavoratori americani” e quello di contrastare e combattere la “pirateria”. Da tempo il presidente Trump guarda con sospetto il surplus commerciale di Pechino e ora il dossier si affianca con quello della Corea del Nord.
L’America lancia così un affondo alla politica commerciale cinese, con la speranza anche di aumentare la pressione su Pechino sulla crisi della Corea del Nord.
Trump più volte si è lamentato per lo scarso impegno che la Cina sta mettendo nella crisi con Pyongynag ; con il decreto , il presidente americano, spera che la pressione commerciale possa in qualche modo convincere Pechino ad assumere un atteggiamento più attivo per la risoluzione della crisi.
La Casa Bianca però tiene a precisare che si tratta di dossier separati e che il decreto sul furto di proprietà intellettuale è stato firmato perché questo “reato” è costato agli americani milioni di posti di lavoro e miliardi di dollari l’anno; Trump, aprendo una settimana cruciale per la politica commerciale americana, ha evidenziato come “per troppo tempo, molta ricchezza è stata sottratta al paese sotto lo sguardo di Washington che non ha mai fatto niente. Da oggi Washington non guarderà più dall’altra parte”.
Pechino accoglie l’indagine in modo freddo ritenendola inappropriata; naturalmente di diverso avviso è Trump che al contrario intravede grandi opportunità perché apre la strada ad una vasta serie di sanzioni che rischiano di mettere in difficoltà Pechino penalizzandolo sul palcoscenico del commercio globale.
Oltre alla questione cinese, c’è la revisione del Nafta, l’accordo di libero scambio che lega Stati Uniti, Messico e Canada, e che Trump, durante la sua campagna elettorale, ha promesso di rivedere.
Il primo incontro si terrà a Washington il 16 agosto. L’amministrazione Trump vuole chiudere le trattative entro il 2018, prima delle elezioni in Messico.
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