Trump telefona prima ad  Haftar e poi twitta a favore di Conte. L’Italia rischia l’isolamento

Il presidente Donald Trump ha avuto un colloquio telefonico con il maresciallo Khalifa Haftar per discutere gli sforzi antiterrorismo in corso e la “necessità di raggiungere la pace e la stabilità”. Lo afferma la Casa Bianca.

Il presidente ha riconosciuto il significativo ruolo di Haftar nel combattere il terrorismo, e i due hanno discusso una visione comune per la transizione della Libia verso un sistema politico stabile e democratico“.

Una telefonata che ha messo in  allarme l’Italia che proprio qualche giorno fa aveva chiesti aiuto agli Usa per il dossier Libia. Un aiuto che mirava ad altri contatti, magari in sede Onu. L’Italia pur avendo incontrato più volte Haftar ha sempre appoggiato ufficialmente il governo di Al Serraj, l’unico riconosciuto dalle organizzazioni internazionali. La telefonata di Trump al generale Kalifa Haftar, quindi, ha indottola diplomazia italiana a lanciare un messaggio a quella americana. Non è un caso che ieri Trump con un messaggio twitter abbia comunicato di aver sentito il premier italiano Giuseppe Conte:  Ho parlato con il primo ministro italiano, Giuseppe Conte, soprattutto per quanto riguarda l’immigrazione, le tasse, il commercio e l’economia di entrambi i nostri Paesi. E’ stata una telefonata molto buona!”.

Come si dice, un colpo alla botte e uno al cerchio. Peccato che sempre Trump abbia annunciato la restrizione delle sanzioni all’Iran per le esportazioni di greggio anche a quei paesi che erano stati esclusi, l’Italia appunto. A quanto pare l’alleato Usa sta stringendo il cerchio attorno al nostro Paese sempre più alle prese con contraddizioni interne, rivelatesi dannose in politica estera. Gli americani non hanno digerito l’accordo della via della seta con la Cina, i ripensamenti italiani sull’F-35 e la strana e controversa vicinanza alla Russia di Putin. Il risultato è per ora l’aumento del prezzo del greggio e del carburante per le nostre autovetture.

In sostanza siamo a rischio isolamento.

La situazione sul terreno in Libia

Giordano Stabile, inviato de La Stampa a Beirut riporta che velivoli di Haftar hanno colpito postazioni delle forze governative ma anche abitazioni e ci sarebbero vittime civili, che hanno portato il bilancio complessivo dal 4 aprile a 262 morti, compresi 80 bambini. Il fronte, tuttavia, è però rimasto in stallo, con le milizie di Haftar che spingono sul settore orientale mentre quelle fedeli ad Al-Sarraj hanno messo a segno un’avanzata a Sud. I governativi, fra sabato e domenica, sono riusciti a sfondare nella zona del sobborgo di Ain Zara. Ma la puntata su Gharian, la base logistica dell’offensiva lanciata due settimane fa da Haftar, è fallita. Il portavoce del cosiddetto Esercito nazionale libico, guidato dall’uomo forte della Cirenaica, ha negato di aver perso terreno  e rivendicato una controffensiva dopo che i velivoli hanno colpito case e fatto vittime. In ogni caso, rispetto alla situazione prima dell’assalto alla capitale, il maresciallo ha guadagnato molto terreno in Tripolitania e un cessate-il-fuoco consoliderebbe le sue posizioni. In questo momento è l’obiettivo massimo raggiungibile dalla diplomazia. Il processo cominciato con gli accordi di Skhirat nel dicembre del 2015, che doveva portare alla riunificazione del Paese e a elezioni entro la fine di quest’anno, è stato affondato dall’offensiva di Haftar e non si vede come i due rivali possano di nuovo incontrarsi e trattare. A una tregua lavorano l’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salame e la Tunisia, il Paese arabo più vicino al governo di Al-Serraj. Il ministro degli Esteri tunisino, Khemaies Jhinaoui, ha incontrato ieri l’ambasciatore francese in Libia, Beatrice Le Fraper Du Hellen, e ha insistito che «c’è ancora tempo per fermare gli scontri e tornare al processo politico guidato dall’Onu”, anche perché “il conflitto minaccia non solo la sicurezza della Libia e dei suoi vicini, ma tutto il Mediterraneo e l’Europa». La mediazione con la Francia è fondamentale. Il governo di Tripoli ha accusato Parigi di essere il principale sponsor di Haftar e nella capitale si sono visti sfilare libici che indossavano gilet gialli e inveivano contro Emmanuel Macron. Ma gli sponsor regionali del maresciallo sono più importanti. Gli ultimi sono stati attribuiti da Tripoli a “droni degli Emirati”. Testimoni locali parlano di rumore simile a quello degli aerei a elica, tipico dei droni, prima delle esplosioni causate da missili aria-terra. Gli Emirati hanno una base ad Al Khadim, a Ovest di Bengasi, e la presenza di aerei senza pilota di fabbricazione cinese è stata documentata da foto satellitari.

Trump telefona prima ad Haftar e poi twitta a favore di Conte. L’Italia rischia l’isolamento

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