L’operazione “Ramo d’ulivo”, avviata il 20 gennaio scorso dalle Forze armate turche contro le milizie curde delle Unità di protezione del popolo (Ypg) in Siria settentrionale, si avvicina alla fine della sua prima settimana. L’offensiva turca, condotta con gli alleati dell’Esercito siriano libero (Fsa), gruppo dell’opposizione al governo di Damasco, è diretta contro Afrin, Azaz e Manbij.
A oggi, non è ancora chiaro quale sarà la portata e la durata dell’operazione, che già si presenta complicata e piena di rischi. L’esercito turco sta penetrando nella regione controllata dalle Ypg con i Leopard-2, carri armati di fabbricazione tedesca, da nord e da ovest, appoggiati da un intenso fuoco di artiglieria e da massicci bombardamenti aerei. A est, le operazioni sono condotte dall’Fsa. Sul fronte sud, i combattimenti contro le Ypg vedono impiegati i miliziani di Tahrir al Sham, gruppo dell’opposizione siriana, già noto come Fronte al Nusra. Intensi scontri a fuoco avvengono, inoltre, presso il Monte Bersaya, altura di elevata importanza strategica la cui vetta è stata conquistata dall’esercito turco e dai miliziani dell’Fsa il 22 gennaio scorso. Le operazioni delle Forze armate turche e delle milizie siriane alleate di Ankara puntano sulla roccaforte delle Ypg ad Afrin. Per raggiungere l’obiettivo, l’esercito di Ankara non muove da est, lungo la direttrice Azaz-Tell Rifaat-Afrin in territorio pianeggiante, ma dalle colline a nord e nord-ovest del cantone curdo di Afrin. L’avanzata nelle pianure esporrebbe, infatti, i militari turchi al fuoco delle Ypg, provocando quelle perdite che Ankara intende evitare per ragioni di politica interna. Seppur rallentata dalla conformazione del territorio, la penetrazione dalle alture permette di acquisire una posizione dominante sulle pianure e di bombardare Afrin con l’artiglieria. La strategia delle Forze armate turche pare prevedere un lungo assedio della citta’ tenuta dalle Ypg, la cui popolazione e’ di circa 200 mila abitanti. Al contempo, Ankara sta aprendo diversi fronti per frammentare le milizie curde, formate da 8-10 mila combattenti, al fine di indebolirne le linee di difesa. L’obiettivo militare di “Ramo d’ulivo” pare, dunque, circondare Afrin per costringere i curdi alla resa. Parallelamente, dando una dimostrazione di forza in Siria settentrionale, Ankara sembra porsi l’obiettivo politico di condizionare le strategie degli altri attori con interessi regione, Stati Uniti e Russia. In tale prospettiva, la Turchia mira a dimostrare la propria potenza e la capacità di mutare gli assetti geostrategici in Siria, più che eliminare quella che giudica la minaccia delle Ypg ai propri confini meridionali. Ufficialmente, “Ramo d’ulivo” è stata avviata le Ypg, milizie del partito dell’Unione democratica (Pyd), formazione di curdi siriani parte dell’opposizione al governo di Damasco sostenuta dagli Stati Uniti. Le autorità turche giudicano Pyd e Ypg gruppi terroristici perchè ritengono siano legati al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Impegnato da anni in una lotta separatista contro la Turchia, il Pkk è considerato un’organizzazione terroristica da Ankara, dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. Per il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, l’operazione “Ramo d’ulivo” ad Afrin e Manbij, ampliata poi ad Azaz, mira a impedire la formazione di un “corridoio del terrore” utilizzato da Pkk, Pyd e Ypg al confine tra Turchia e Siria. L’obiettivo politico di “Ramo d’ulivo” è stato sottolineato da fonti vicine al governo turco, che hanno rilasciato alla stampa dichiarazioni a condizione di rimanere anonime. Secondo tali fonti, Ankara e’ determinata a estendere l’operazione in Siria settentrionale da Afrin prima a Manbij e poi a est del fiume Eufrate per minare la cooperazione degli Stati Uniti con lo Ypg. L’area, in gran parte controllata dai curdi, ospita circa venti basi militari degli Usa. Mentre gli obiettivi paiono chiari, non è ancora prevedibile la durata di “Ramo d’ulivo”. Secondo il presidente Erdogan, l’operazione “Durera’ tutto il tempo necessario per raggiungere i suoi obiettivi”. Una volta conquistata Afrin, il piano turco prevederebbe, inoltre, installazione di un’amministrazione sostenuta dalla Turchia nella città. Secondo alcuni analisti, tale scopo potrebbe essere raggiunto all’inizio dell’estate. Tuttavia, diversi fattori possono influire sull’andamento di “Ramo d’ulivo” e sul conseguimento degli obiettivi di Ankara. In primo luogo, l’andamento delle operazioni è rallentato dalla morfologia della regione di Afrin. A differenza del resto della Siria, il territorio è, infatti, parzialmente montuoso e denso di boschi Queste caratteristiche morfologiche limitano l’avanzata dei carri armati turchi. Inoltre, il clima rigido e piovoso dell’inverno indebolisce il potenziale offensivo della Turchia e la capacità difensiva delle Ypg. Le milizie curde potrebbero, quindi, evitare un contatto frontale con l’esercito turco e assestarsi sulle alture, contando sul sostegno della popolazione locale per organizzare la resistenza. Tuttavia, non è escludibile uno scontro frontale tra l’esercito turco e le Ypg. Al momento, le Ypg stanno sfruttando il vantaggio di operare in un ambiente montagnoso che limita i movimenti delle unita’ corazzate e l’efficacia delle incursioni aeree della Turchia. Tale situazione potrebbe evolvere in una lunga guerriglia, che presenta rischi elevati per le forze convenzionali turche. In tale quadro, le Ypg potrebbe replicare la tattica impiegata dallo Stato islamico: ritirarsi tra la popolazione dei centri abitati, costrette a rimanere nella zona di combattimento per venire impiegate come scudi umani. Tale ipotesi avrebbe un costo elevato per la Turchia: elevate perdite civili verrebbero, infatti, sfruttate come strumento di propaganda contro Ankara. Per quanto riguarda i riflessi internazionali di “Ramo d’ulivo”, sembra che l’operazione abbia ottenuto l’avallo della Russia, che controlla tutto lo spazio aereo siriano a ovest del fiume Eufrate. Tale prospettiva vede Mosca consapevole del fatto che iniziativa militare turca inasprirà le relazioni già tese tra Ankara e Washington, alleati della Nato, così da mettere in difficoltà l’Alleanza atlantica. Inoltre, la Russia potrebbe aver ipotizzato che le Ypg, sotto la pressione dell’offensiva turca e dell’Fsa, potrebbero cedere alla pressioni di Mosca per la riconsegna di Afrin al governo di Damasco. In tale quadro interpretativo, rimane da capire se Mosca abbia posto dei limiti a “Ramo d’ulivo”. In particolare, si tratta di comprendere se la Russia sarà disposta a fornire alla Turchia accesso a tempo indeterminato allo spazio aereo su Afrin o se chiederà di limitare le incursioni. Tale condizione è stata posta da Mosca durante l’operazione Scudo dell’Eufrate, condotta da Ankara contro lo Stato islamico e le Forze siriane democratiche (Sdf) sulla sponda occidentale del fiume dall’agosto del 2016 al marzo del 2017. E’ probabile che la Russia definirà la durata di “Ramo d’ulivo”, sincronizzandola con i progressi dell’esercito governativo siriano nella provincia di Idlib (a sud di Afrin) e i combattimenti a Deir ez-Zor, al confine tra Siria e Iraq, dove le Ypg sono impegnate nelle operazioni per il controllo delle riserve petrolifere. In tale prospettiva, l’esercito di Damasco, appoggiato dall’aeronautica russa, avrebbe più tempo per consolidare il controllo a Idlib e potrebbe avanzare a Deir ez-Zor. Ciò considerato, Ankara, che sul presidente siriano Bashar al Assad ha cambiato posizione accettandone la permanenza al potere, potrebbe aver avviato negoziati con Damasco per ottenerne il consenso a “Ramo d’ulivo”. Tuttavia, Al Assad pare consapevole del fatto che Erdogan mirerebbe alla sua destituzione. Pertanto, l’esercito di Damasco potrebbe decidere di appoggiare le Ypg ad Afrin o nei territori a est dell’Eufrate. In alternativa, Al Assad potrebbe assumere un posizione attendista, auspicando che, alla conclusione di “Ramo d’ulivo”, Afrin e i territori curdi della Siria settentrionale vengano riconsegnati al governo di Damasco. (Nova)