(di Massimiliano D’Elia) Il caso della Nave Diciotti è stata l’ennesima prova che ha fatto capire chi detta davvero le regole in Europa. Gli “sherpa” l’altro giorno riunitisi d’urgenza a Bruxelles non hanno risposto alle richieste dell’Italia circa una linea programmatica strutturale per il ricollocamento dei migranti (molti dicono che quel giorno durante l’importante incontro di Bruxelles Macron e la Merkel erano al mare per un periodo di riposo). La patata bollente della gestione dei flussi migratori ed il conseguente ricollocamento non la vuole proprio nessuno. La stessa Merkel quando, nel recente passato, ha provato ad aprire ai ricollocamenti ha dovuto subire un’aspra opposizione interna che le ha fatto vacillare la leadership. Il risultato? Intransigenza con i flussi migratori. La Francia, “a parole” è sembrata la più propensa ad assecondare le richieste dell’Italia. Peccato che a Ventimiglia abbia usato il “manganello” per respingere coloro i quali tentavano di passare il confine. Per non parlare delle politica aggressiva in Nord Africa, Libia in testa dove l’Italia pensa di essere radicata e benvoluta. Peccato che la Francia proprio in Libia riesca ad avere sempre la meglio e condizionare le scelte di colui che comanda a sud di Tripoli, il generale Haftar. Haftar gestisce i confini meridionali da dove provengono la maggior parte dei migranti e dove l’Italia di recente ha perso anche il controllo del Fezzan https://www.prpchannel.com/mondo/libia-salta-accordo-del-fezzan-litalia-rimane-a-mani-vuote-ce-lo-zampino-della-francia/
La Francia, invece, “europeista a modo suo” non ha mai accolto la richiesta tedesca di mettere nella Bce i proventi che riceve annualmente dalle ex colonie africane. Parliamo di almeno 500 miliardi di euro che il Tesoro francese intasca grazie alla moneta Cfa, Per approfondimenti: https://www.prpchannel.com/mondo/la-politica-coloniale-francese-sottobanco-in-africa-14-le-ex-colonie-che-pagano-la-gabella/
La Germania non è da meno
Italia Oggi il 27 marzo scorso ha riportato in un bell’articolo la strategia energetica tedesca che sta attuando con Mosca, infischiandosene delle sanzioni alla Russia e dei “niet” della Commissione Ue.
Lo scorso marzo l’Authority tedesca competente in materia, dopo avere svolto per mesi le indagini ambientali e commerciali sulla sostenibilità del gasdotto russo-tedesco North Stream 2, ha rilasciato il verdetto finale, che ne autorizza la costruzione. Lo rivela il sito euractiv.com, che ne dà conto con dovizia di particolari.
La nuova pipeline, lunga 1.225 chilometri, collegherà direttamente i giacimenti di gas russi con la Germania, passando sotto il mare del Nord e il Baltico, e correrà per 85 chilometri sul territorio tedesco. Proprio per valutare la sostenibilità di quest’ultimo tratto, l’Agenzia federale tedesca per la navigazione e l’idrografia era stata chiamata a fornire il suo parere vincolante, che è risultato positivo. Più degli aspetti tecnici, sono però quelli politici che fanno impressione in questa vicenda, che appare come un concentrato di contraddizioni.
La prima contraddizione è sotto gli occhi di tutti: proprio mentre 22 paesi dell’Unione europea espellono un centinaio di addetti delle ambasciate russe in segno di protesta per l’avvelenamento di una ex spia russa in Gran Bretagna, e mentre persistono le sanzioni economiche contro la Russia di Vladimir Putin per quanto è accaduto in Crimea e nel Donbass negli ultimi anni, la Germania della signora Angela Merkel se ne infischia delle sanzioni e della spia avvelenata, e procede come un carro armato nella costruzione di una pipeline destinata a raddoppiare la fornitura di gas russo alla Germania, essendo ormai insufficiente quella del North Stream 1, in funzione da anni.
Come è noto, il progetto del North Stream 2 era stato malvisto fin dall’inizio dai paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia), dalla Polonia e dall’Ucraina, poiché la pipeline avrebbe consentito alla Russia di Putin di aggirare tali paesi, soprattutto l’Ucraina, senza più sottostare al rischio di interruzioni nelle forniture o a logoranti trattative sul prezzo del transito. Non solo. Più volte gli Stati Uniti, fino dai tempi della presidenza di Barack Obama, avevano sollecitato l’Europa a ridurre la propria dipendenza dal gas russo, con l’intento dichiarato di ridurre i proventi monetari a favore di Putin. Una guerra del gas in piena regola, di cui ha fatto le spese soprattutto l’Italia, che ha dovuto rinunciare alla costruzione del South Stream.
La signora Merkel ha tuttavia ignorato l’opposizione dei vari paesi contrari al North Stream 2, se n’è infischiata dei veti americani, ed ha lasciato mano libera alle aziende tedesche che hanno portato avanti il negoziato con la russa Gazprom. E quando la cancelliera è stata interrogata sul merito di questa faccenda, sottolinea euractiv.com, si è limitata ad osservare che il North Stream 2 è soltanto «un progetto economico», che non richiede alcun intervento politico. Una menzogna spudorata, visto che perfino la Commissione Ue si è schierata da tempo contro il North Stream 2, giudicato «non necessario», in un quadro di politica energetica europea «diversificata e sicura».
Non solo. Proprio per ridurre la dipendenza dal gas russo, la Commissione Ue ha proposto nel 2017 una direttiva con regole più stringenti: assoggettare al benestare Ue ogni nuova pipeline per l’importazione di gas; divieto per i fornitori di gas (come la Gazprom) di possedere direttamente anche il gasdotto; tariffe non discriminatorie; operazioni trasparenti; infine la messa a disposizione di terze parti di almeno il 10% della capacità di trasporto.
Sapete che fine ha fatto la bozza di questa direttiva? Bocciata in tronco. Ma non ad opera della Germania. Almeno non direttamente. Bensì per iniziativa del servizio legale del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, che si è opposto all’iniziativa della Commissione Ue in base a una tesi destinata a fare discutere per mesi, forse per anni: ovvero che l’Unione europea non ha giurisdizione sulle pipeline che attraversano le «zone economiche esclusive» (Eez) dei 28 stati membri. Guarda caso, un parere che sembra tagliato su misura per gli 85 km del North Stream 2 che passerà sul territorio tedesco. Vi è chiaro, ora, a cosa serve controllare la burocrazia di Bruxelles, come fa la Germania? Vi è chiaro chi comanda in Europa, perfino a dispetto delle sue direttive?
L’Italia è evidente che non può prescindere dall’Ue, tuttavia deve aprire gli occhi e cercare di piazzare presso le strutture istituzionali Ue gli uomini migliori per cercare di portare dall’interno l’acqua al proprio mulino. In politica estera deve iniziare a guardare altrove. Bene la visita del Ministro Tria in Cina. Da coltivare anche Russia, Usa e India, per attrarre investimenti e cercare di vendere parte del debito pubblico italiano.