(Ammiraglio Giuseppe de Giorgi) Le recenti giornate internazionali dedicate all’Ambiente ed alla salvaguardia dell’ambiente marino hanno saputo portar all’attenzione dei cittadini e delle istituzioni uno dei più gravi problemi ecologici della nostra storia: i nostri mari stanno soffocando. Considerando, infatti, che ogni anno produciamo più di 300 milioni di tonnellate di plastica, e che di queste almeno 8 milioni finiscono in mare, entro il 2050, se non cambieremo stile di vita subito, ci ritroveremo in un mondo che avrà più plastica che pesci. L’uso globale della plastica è, infatti, aumentato di 20 volte negli ultimi 50 anni e si prevede che raddoppierà di nuovo nei prossimi 20 anni. In più, sempre a livello globale, solo il 14% della plastica viene raccolto per il riciclaggio. Si tratta di un tasso di riutilizzo di gran lunga inferiore ad altri materiali come la carta (58%), il ferro e l’acciaio (a quota 90%). Un’emergenza globale che riguarda ogni aspetto della nostra vita: la plastica è nell’acqua che beviamo e nel cibo che mangiamo. La plastica è oggi considerata una delle principali minacce alla salute dell’intero globo terracqueo. Ma anche alla nostra, dato che abbiamo iniziato a respirarne e a ingerirne in grandi quantità attraverso le microplastiche, contenute nella polvere, nell’acqua e nel cibo che mangiamo: infatti, anziché biodegradarsi, la plastica si fotodegrada, ovvero si disintegra in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono. “La plastica soffoca corsi d’acqua, danneggia le comunità che dipendono dalla pesca e dal turismo, uccide tartarughe e uccelli, balene e delfini, si fa strada nelle zone più remote della Terra e lungo tutta la catena alimentare. L’80% dell’inquinamento marino proviene dalla terra compresi otto milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che ogni anno finiscono in mare” ha sottolineato in un recente intervento il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.
Si tratta dunque di un vero e proprio dramma, che, fortunatamente, ha iniziato a spingere istituzioni, organizzazioni senza scopo di lucro, aziende e cittadini privati ad affrontare seriamente il problema. Dopo aver messo al bando i sacchetti di plastica nel 2015, la Commissione Europea continua infatti a perseguire il sogno di un’Europa libera dai rifiuti plastici: via così dal continente europeo la plastica usa e getta, la stessa che nel mondo costituisce circa l’85% dei rifiuti marini. Infine entro il 2025 gli Stati membri dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande, anche attraverso sistemi di cauzione-deposito. Ciascun Paese dovrà creare campagne di sensibilizzazione ed i produttori di tali materiali dovranno etichettare in modo chiaro i loro prodotti e fornire spiegazioni esaustive riguardo il loro smaltimento. Una prima “risposta di grandi dimensioni” per evitare che la plastica arrivi negli oceani è stata così finalmente data.
Un problema che affligge tutto il mondo e non esclude neanche il nostro Bel Paese. Da recenti indagini di Legambiente, attraverso il rapporto “Goletta Verde”, è stato infatti rivelato che “il 96% dei rifiuti galleggianti nei nostri mari è plastica. Una densità pari a 58 rifiuti per ogni chilometro quadrato di mare con punte di 62 nel mar Tirreno”. Secondo l’indagine “Beach Litter 2018” l’inquinamento da plastica colpisce ovviamente anche le nostre spiagge nostrane: su 78 spiagge monitorate, per un totale di oltre 400 mila metri quadri sono stati trovati una media di 620 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. E tra i materiali più trovati c’è proprio la plastica, con una percentuale dell’80% sul totale. I dati del Ministero dell’Ambiente, ad esempio, ci riportano che in una normale giornata di pesca, quasi il 50% del pescato è composto da rifiuti, e di questi quasi il 90% si tratta di plastica. I pescatori si ritrovano infatti ogni giorno a raccogliere nella loro attività grandi quantità di rifiuti senza sapere poi come smaltirli. Il progetto sperimentale “Clean Sea Life”, un’iniziativa europea che punta allo smaltimento del “marine litter” (ossia i rifiuti marini) nei porti grazie alla collaborazione dei pescatori, nasce proprio per evitare che la gran quantità di rifiuti raccolta dalle reti finisca rigettata in mare grazie ad una collaborazione proficua tra pescatori, amministrazioni comunali, Autorità Portuali, Capitaneria di Porto e aziende di smaltimento. Per immaginar i grandi numeri di questo progetto basti sapere che, nella prima notte della sperimentazione, le imbarcazioni hanno raccolto tramite delle reti a strascico circa una tonnellata e mezza di spazzatura accumulata sui fondali: attrezzi da pesca perduti o abbandonati, copertoni, bottiglie, sacchetti, teli e stoviglie di plastica, tubi, boe, secchi di vernice e una quantità notevole di reste, le retine di allevamento delle cozze.
Intanto, sempre in Italia proprio in questi giorni, è partito il progetto pilota “Il Po d’Amare”, il principale corso d’acqua italiano contribuisce infatti a far dell’Adriatico il mare italiano con la maggiore presenza di rifiuti. Un progetto che prevede tecniche innovative per intercettare i rifiuti presenti nelle acque fluviali grazie a barriere in polietilene che intercettano, selezionano, intrappolano e infine raccolgono la plastica galleggiante e altri rifiuti trasportati dal fiume. Piccole barche “Sea hunter” raccolgono i rifiuti, in prevalenza plastica, materiali legnosi e canne, e li portano a riva dove vengono raccolti, selezionati ed, infine, avviati al riciclo. Una metodologia che non interferisce con la flora e la fauna del fiume e, se porterà buoni risultati, potrebbe in futuro essere estesa a tutti i principali fiumi italiani e replicata anche in altri Paesi. Dobbiamo lavorare individualmente e collettivamente per evitare questa tragedia, facendo ognuno la propria parte, evitando il più possibile la plastica monouso e dando una mano a ripulire il nostro pianeta come hanno fatto migliaia di volontari in tutto il mondo per pulire i litorali del Pianeta durante la Giornata degli Oceani. Sono le azioni giornaliere, ogni giorno però e non solo l’8 giugno, che possono davvero fare la differenza: gesti di responsabilità che contribuiscono a salvare il nostro mare e trasformano i rifiuti in una risorsa.
Vale la pena qui ricordare che mari ed oceani hanno un impatto sulla nostra vita che va ben oltre quanto possiamo immaginare: regolano il clima, producono la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, forniscono sostentamento a milioni di persone ogni anno e ospitano un’incredibile biodiversità, messa a repentaglio dall’avidità umana.
Per milioni di esseri viventi l’Oceano contiene tutto: è una missione, la passione di una vita, un lavoro, adrenalina, sopravvivenza.
Per il nostro Pianeta è la vita e il suo futuro.