(di Nicola Simonetti) Il Servizio Sanitario Nazionale ha 40 anni e li dimostra tutti anche se ha portato avanti gli obiettivi della universalità e solidarietà e della offerta di prestazioni di buona qualità diffuse sul territorio (purtroppo non equamente come nelle premesse). Molte le crepe e le necessità rivelatesi che richiedono adeguamento a situazione profondamente mutata, ristrutturazione e riorganizzazione della “macchina” sanitaria, non solo sul piano economico-finanziario ma anche su quello organizzativo e della responsabilizzazione dei singoli e delle strutture ad iniziare dagli ospedali.
Primo problema, fra i tanti, le liste di attesa (60-120 giorni). IL 16° Rapporto “Ospedali & Salute 2018”, promosso dall’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP) lancia l’allarme: “20 milioni di italiani hanno sperimentato la criticità delle liste di attesa per ricoveri/esami in laboratorio e molti di loro sono ricorsi all’escamotage Pronto Soccorso (28,2% per un disagio non grave; il 6,9% lo ha fatto per la mancata reperibilità del medico di famiglia, perché fuori dall’orario di visita o nel fine settimana, trovandovi attese di ore ed insoddisfazione), per accedere più rapidamente a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri. Altri, invece, hanno rinunciato alle cure (51,7%: 4,1 punti in più rispetto al 2017) o incrementano la mobilità sanitaria, oppure – oltre 30% – si sono accollata la spesa dell’alternativa”.
“Rispetto a tale criticità, risulta indispensabile aumentare l’offerta dei servizi erogati, promuovendo la piena integrazione tra la componente di diritto pubblico e quella di diritto privato… Un SSN in grado di erogare assistenza nei tempi corretti, oltre che di qualità, deve essere uno dei principali obiettivi del Paese” (Barbara Cittadini, presidente AIOP).
Un italiano su tre, tra coloro che hanno avuto esperienze di liste d’attesa e/o di Pronto Soccorso, si dichiara insoddisfatto del Servizio Sanitario della propria regione, soprattutto degli ospedali pubblici (32,6%) e delle strutture delle ASL (28,6%), in percentuale minore, invece, degli ospedali privati accreditati (18,3%) e delle cliniche a pagamento (14,3%).
“Improcrastinabile riorganizzare ed efficientare sia dal punto di vista economico-finanziario, che da quello dell’offerta di prestazioni e di servizi di qualità che devono essere garantiti in maniera omogenea ovunque”.
Sul piano delle proposte, oltre l’80% richiede l’ottimizzazione degli orari dei servizi relativi all’utilizzo della strumentazione tecnica, l’impiego degli operatori ma anche l’utilizzo integrato degli ospedali pubblici al fine di ridurre i tempi di attesa. Il 53,4% di intervistati ritiene utile aumentare il valore del ticket allo scopo di selezionare un po’ meglio la domanda di servizi da parte dei pazienti.
La tenuta media delle prestazioni si manifesta malgrado la spesa sanitaria pubblica sia decrescente nel tempo, visto che tra il 2010 e il 2016 passa dal 7,2% al 6,7% sul PIL, mentre aumenta in Francia (da 8,7% a 9,6%) o in Germania (da 8,6% a 9,4%) e Paesi OCSE Europa (da 7,5% a 7,2%).
Il monitoraggio ha rilevato aree di inefficienza che individuano sovra-costi potenziali (2-4 miliardi euro per la sola voce attività “a funzione”).
Al Rapporto AIOP fa eco il 13° Rapporto del Crea sanità, dell’istituto di ricerca dell’Università Tor Vergata di Roma. Dal 2009 a oggi la spesa pubblica per la sanità è scivolata progressivamente. Spendiamo il 31,3% in meno di quanto non facciano i Paesi del blocco occidentale. Una forbice che è raddoppiata dal 2000, perché se da noi il finanziamento pubblico ha marciato a un passo di lumaca inferiore all’1% di incremento annuo, tra le nazioni fondatrici dell’Ue il passo è stato del 3,6% l’anno. La spesa privata raggiunge quasi 40 miliardi di euro.
Causa liste di attesa da evitare e superticket da pagare, un milione100mila famiglie si sono scontrate con il problema dei costi sanitari registrando inconvenienti economici fino a scendere al di sotto della soglia di povertà.
Quattro milioni e mezzo di famiglie hanno rinviato o rinunziato a visite/esami/cure. In Piemonte il 3% delle famiglie ha avuto problemi a pagare; in Calabria oltre il 12%.
Marcata la differenza Nord/Sud in termini di anni di vita: nel Sud i 65enni ne hanno tre anni in meno che nel resto d’Italia. Analogamente per lo stato di salute: al Nord si vive in buona salute fino a 60 anni, al Sud fino a 55 anni (media).
Note positive: l’Italia ha una mortalità per tumori inferiore alla media europea ed i tassi di sopravvivenza di chi subisce un infarto sono i migliori nel mondo occidentale.