di Massimiliano D’Elia
Benjamin Netanyahu non allenta la presa su Gaza e continua ad invocare la vittoria totale. Incurante delle pressioni di Stati Uniti e Cina ma anche di tutti gli altri Paesi occidentali Tel Aviv va avanti con la sua campagna militare con all’orizzonte la distruzione di Hamas, anche se a discapito della popolazione civile, ormai allo stremo: se non muore per via delle bombe muore per la fame. Le condizioni igienico sanitarie nella zona di Rafah sono al limite mentre gli aiuti umanitari non riescono ad entrare. E proprio su Rafah tuona Netanyahu, ribadendo che le pressioni esterne non lo fermeranno: “Rafah è l’ultima roccaforte di Hamas, chi ci dice di non estendere le operazioni in quelle aree ci chiede di perdere il conflitto. Non succederà“.
Di fronte all’intransigenza di “Bibi” così chiama Biden, Netanyahu, la Casa Bianca potrebbe decidere di bloccare le forniture militari a Israele semmai venisse dato il via all’attacco militare al valico di Rafah. Una zona dove sono ammassati circa 2,5 milioni di palestinesi e dove Tel Aviv ritiene si nascondano le ultime sacche della resistenza di Hamas. Gli americani sono stati chiari: pretendono un piano per l’evacuazione dei civili prima di approvare l’incursione militare israeliana.
Nel frattempo Biden è pronto ad annunciare nel discorso sullo Stato dell’Unione la decisione di allestire un porto temporaneo lungo la costa di Gaza per permettere l’arrivo di medicinali e beni alimentari. Sugli aiuti non si aspetteranno le decisioni di Israele ha riferito una funzionario dell’amministrazione Biden al WP. Oltre al porto mobile dovrebbe essere aperto anche un valico a nord del territorio palestinese: “Il presidente annuncerà che sta dirigendo le forze armate degli Stati Uniti per guidare una missione di emergenza per stabilire un porto nel Mediterraneo sulla costa di Gaza che può ricevere grandi navi che trasportano cibo, acqua, medicine e rifugi temporanei”
Sugli incontri per favorire la tregua, in occasione del Ramadan, c’è un raffreddamento dei negoziati: la delegazione guidata dai capi di Hamas ha lasciato il Cairo. Si lavora comunque in gran segreto per far partire due settimane di tregua a partire dal 15 marzo prossimo.
Il porto mobile di fronte alle coste di Gaza
Gli ufficiali statunitensi non hanno fornito molti dettagli sull’impegno marittimo, come chi ispezionerà gli aiuti e come verranno consegnati una volta arrivati a Gaza. Non si prevede che ci siano truppe statunitensi sul terreno nell’enclave assediata. Un secondo funzionario ha detto che il porto includerà un molo temporaneo in grado di assicurare il transito di centinaia di camion al giorno.
Gli Stati Uniti forniranno le spedizioni attraverso Cipro, in coordinamento con altri partner e alleati, ha detto il funzionario. Molti dettagli devono ancora essere elaborati e la costruzione del porto richiederà diverse settimane per essere pianificata ed eseguita. “Non vediamo l’ora di lavorare con i nostri stretti partner e alleati in Europa, Medio Oriente e oltre per costruire una coalizione di paesi che contribuiranno con capacità e finanziamenti per questa iniziativa“, ha aggiunto il funzionario.
La Commissione europea, che è il maggior fornitore di aiuti ai territori palestinesi, ha dichiarato che garantirà che “tutto l’aiuto necessario” possa passare attraverso il corridoio marittimo. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, volerà a Cipro oggi. Nikos Christodoulides, presidente di Cipro, ha detto che il suo governo ha “lavorato instancabilmente” per progettare un corridoio marittimo umanitario per “consegnare un alto volume di aiuti alla popolazione di Gaza”.
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