(di Nicola Simonetti) “C’è puru lu masculu” -“c’è anche l’uomo”- al fianco della donna con tumore in 8 casi su 10. Lo attesta l’indagine Doxa (la prima del genere) promossa da Salute Donna Onlus e Salute Uomo Onlus con il patrocinio di Fondazione AIOM e CIPOMO che ha coinvolto 11 Centri oncologici distribuiti sul territorio nazionale.
Coniuge o convivente, compagno, amico del cuore, figli maschi, fratelli, amici sostengono psicologicamente e assistono nella quotidianità la donna malata e, nell’85% dei casi, la seguono, assistono durante il percorso di cura, smentendo largamente lo stereotipo dell’uomo in fuga di fronte al tumore che colpisce la donna.
La figura maschile è una costante nel racconto delle donne, una presenza che cresce nei vari momenti del percorso oncologico: supera il 64,5% al momento della prima diagnosi, sfiora il 92,5% il giorno del primo intervento per incrementarsi ancora, superando il 93,5%, il giorno del secondo intervento.
L’uomo – risulta dall’indagine – aiuta la donna ad affrontare le attese, le incertezze (68,2%), a sopportare gli effetti collaterali delle terapie (65,1%); è l’uomo che decide ciò di cui la donna ha bisogno (64,2%) ed è ancora lui a dare un senso a quello che la paziente sta vivendo (57%). Ma l’uomo, che sia coniuge o convivente, figlio o amico, placa l’ansia e le paure, alleggerisce l’atmosfera in casa, pensa a migliorare l’alimentazione e lo stile di vita della donna, si affaccenda per trovare i medicinali e risolvere le questioni lavorative e burocratiche, si fa carico dei lavori domestici e della spesa.
E, proprio da questa condotta, la paziente ha detto di trarre più forza nell’affrontare la malattia e i trattamenti.
Il caregiver (chi accompagna e assiste la/il paziente con tumore, ha un ruolo chiave all’interno del nucleo familiare colpito dal dramma della patologia oncologica ma è altrettanto importante anche per gli oncologi che curano la persona malata, i quali devono conoscere la reale affidabilità di questa figura – dice Mario Clerico, presidente CIPOMO – ricordiamo che la storia del malato oncologico è strettamente connessa alla sua vita, al suo contesto familiare, sociale ed economico. I risultati emersi dalla ricerca sono davvero confortanti e confermano, per molti versi, ciò che noi clinici osserviamo nella pratica quotidiana: la presenza e l’affetto nella maggioranza dei casi dell’uomo verso la propria compagna in difficoltà”.
L’indagine rivela inoltre che per una minore percentuale di donne (15%) il principale caregiver è femminile (madre, sorelle, amiche) e che a volte la paziente preferisce non coinvolgere il marito/compagno per motivi di tipo psicologico (non accetta la malattia, non è in grado sostenere il peso di essere coinvolto), di salute o lavorativi.
La ricerca fa emergere anche un profilo di donna molto forte/forte (90%), in grado di affrontare il momento della diagnosi e la malattia con grande prestanza d’animo e fiducia, che aumentano nelle pazienti che hanno accanto un uomo (e in quelle che lavorano. Appaiono più fragili le donne single, le donne prive di una rete amicale e familiare, le donne che non lavorano. Emerge anche un sentiment, dopo la diagnosi, di cambiamento profondo della propria vita, in particolare nel fisico (76%) e nel modo di pensare al proprio futuro (70%). Dall’indagine emergono altri dati importanti: tra i fattori che trasmettono alle donne malate il coraggio necessario per andare avanti ed affrontare la malattia vi sono i figli (28,5%), la fede e la preghiera (17,5%); la spinta a non arrendersi arriva anche dai nipoti, dal voler veder crescere i figli piccoli, da viaggi e hobby, dalla famiglia e dagli amici, dai medici e dalla ricerca scientifica e, non ultimo, dalla speranza di guarire. “L’esperienza comune e i dati di numerose indagini ci dicono che sono soprattutto le donne – con percentuali che variano dal 55 all’86% – ad assistere familiari ammalati, figli, partner o più spesso genitori non autonomi. Questa indagine arricchisce la prospettiva e ci offre finalmente una visione a tutto tondo, mostrandoci il lato nascosto, quello che accade quando è la donna a dover ricevere aiuto e assistenza. È confortante sapere che nella grande maggioranza dei casi le pazienti non vengono lasciate sole ma ricevono dal caregiver maschile il supporto necessario per affrontare la malattia con maggiore forza e determinazione.