(di Massimiliano D’Elia) Emblematica la riflessione di un ministro M5S riportata dall’Ansa: “abbiamo una maggioranza in grado di farsi opposizione da sola”. Le premesse dopo solo due giorni di vita del governo Draghi sono queste. All’interno i partiti non hanno ancora assorbito il terremoto causato dalla creazione di una maggioranza, direi, ampia ma raccogliticcia. Troppe sono le contraddizioni ataviche messe insieme per amor Patrio in un equilibrio molto, ma molto fragile, basta un sospiro per far scoppiare la “bagarre”. Pd e M5S con Lega e Forza Italia, se le sono dette e date, metaforicamente, di santa ragione fuori e dentro le Aule del Parlamento, ora siedono allo stesso tavolo tondo del Consiglio dei Ministri per decidere sul Paese, sulla sorte degli italiani. Ognuno vorrà difendere con i denti le proprie istanze ideologiche e territoriali e chi pensava che un fuoriclasse della mediazione e della competenza come Draghi potesse tenere a bada una banda di politicanti bramosi di potere, forse ha sbagliato i calcoli. I problemi, quelli seri, arriveranno quando anche l’Europa si accorgerà dell’inettitudine italiana e inizierà a colpirci a colpi di spread e veti incrociati. Eppure il lungimirante Draghi lo aveva già immaginato chiedendo ai suoi ministri, durante il primo Consiglio, unità e un maggiore coordinamento tra ministri, segreterie e gruppi parlamentari. A quanto pare, per ora, l’invito è stato disatteso.
La tensione dei partiti di maggioranza non è solo per l’emergenza Covid che attanaglia le imprese e per un piano vaccinale che fa acqua da tutte le parti, ma anche e soprattutto per la nomina degli incarichi i sottogoverno. Una ulteriore “chance” per accontentare i delusi e disinnescare insidiose trame interne ai partiti stessi.
LA GIORNATA DEL PREMIER DRAGHI
Draghi lavora per tutto il giorno a Palazzo Chigi, dove viene visto entrare il ministro per l’innovazione tecnologica Vittorio Colao oltre al capo della Polizia Franco Gabrielli. Nel governo e nella maggioranza si infiamma il dibattito sulle misure anti Covid, nonostante da Palazzo Chigi trapeli che la decisione di chiusura con gli impianti e’ stata concordata dal premier con il ministro della Salute Roberto Speranza. Ci sono i nodi del ruolo di Domenico Arcuri e della composizione del Cts, fatti bersaglio da Fi e Lega. Ma nulla trapela da Palazzo Chigi, anche se nel merito delle scelte in ambienti di governo si fa notare che alla base di decisioni assai delicate, come quella di un eventuale lockdown, non potra’ non esserci innanzitutto una valutazione tecnica, dettata dagli esperti, piu’ che dalla politica.
LE PRIORITA’ DEL PROGRAMMA DRAGHI
Vaccini, scuola, lavoro e ambiente, si aggiungono ad altrettante emergenze del Paese. Di fronte all’esigenza non più rimandabile di riscrivere il Recovery Plan italiano, basta la pubblicazione di una vecchia intervista di Renato Brunetta sulla necessita’ di far tornare in ufficio tutti i dipendenti pubblici, per scatenare le ire degli alleati, prima che il ministro della Pubblica amministrazione precisi al riguardo. In Aula inizieranno le partite ad alta tensione. Mercoledì in commissione alla Camera dovrebbero votarsi gli emendamenti di Azione, Iv e Lega per il blocco della riforma Bonafede sulla prescrizione, difesa a spada tratta dal M5s, ma ci si aspetta che il governo, con la neo ministra Marta Cartabia, proponga una soluzione. Di fronte a tanti e tali nodi, l’intenzione di un dialogo costante con le Camere, che Draghi potrebbe ribadire nel discorso sulla fiducia, rischia di non bastare. Di fronte alla confusione la maggioranza chiede a gran voce al premier un metodo condiviso per poter lavorare insieme.
40 DELEHE DA ASSEGNARE
Ci sono 40 deleghe da assegnare, incluse quelle pesanti ai Servizi segreti, che Draghi potrebbe tenere per se’, e agli Affari europei. Ad alcune figure tecniche potrebbero andare incarichi come quello dell’editoria, dove si fa anche il nome di Mauro Masi, o della riforma del fisco, si parla di Ernesto Ruffini viceministro all’Economia. A seconda di quante caselle il premier terra’ per i tecnici, dovrebbe essere calcolato il ‘cencelli’ dei partiti, che dovrebbero indicare al premier i loro potenziali nomi. L’ipotesi e’ che circa 12 sottosegretari vadano al M5s, 8 alla Lega, 6 o 7 a Pd e Fi, 1 o 2 a Iv o Leu. Tra i Dem c’e’ il pressing per una presenza numerosa di donne, con l’impegno di Zingaretti a mantenerlo e la difficolta’ a conciliarlo con la possibile conferma di figure come i viceministri Antonio Misiani e Matteo Mauri all’Interno. Nel M5s si spinge per deleghe in ministeri che si occupano del Recovery e si parla dell’ipotesi che Vito Crimi vada alla Giustizia, Carlo Sibilia venga confermato all’Interno, Laura Castelli all’Economia. Nella Lega tornano nomi come Nicola Molteni, Stefano Candiani, Durigon, Barbara Saltamartini. In Fi si citano per lo piu’ senatori come Pichetto Fratin, Caliendo, Malan, per riequilibrare tutti ministri-deputati. A Palazzo Chigi intanto inizia a insediarsi lo staff del premier. Arriva come capo di Gabinetto Antonio Funiciello e viene confermato Roberto Chieppa come segretario generale. La portavoce dovrebbe essere il capo della comunicazione di Bankitalia Paola Ansuini.