(di Nicola Simonetti) Uno studio della Feinberg School of Medicine, Northwestern University di Chicago , pubblicato su JAMA (2019;321(11):1081-95), ha combinato i dati di sei studi precedenti che riguardano un totale di 29.615 persone seguite per una media di 17,5 anni, riscontrandovi un aumento del 6% del rischio di malattia cardiovascolare quando il numero medio di uova consumate al giorno aumenta di mezzo uovo.
“Chi ingerisce un eccesso di colesterolo vede aumentare il proprio rischio di sviluppare cardiovasculopatie nonché quello di mortalità. I nostri dati non chiudono la porta al consumo di uova (ognuno contiene 186 mg di colesterolo) ma – dice la dr Norrina Allen, coautrice del lavoro – invitano alla loro limitazione. Un consumo moderato non è bocciato anche se va tenuto conto delle modalità genetiche del metabolismo individuale del colesterolo”.
Analogamente, uno studio di ricercatore brasiliani hanno puntato il dito sui renitenti della prima colazione avvertendoli che questa “cattiva abitudine” aumenta di quattro-cinque volte il rischio di patologie cardiovascolari. Stesso rischio per i “tiratardi” della cena.
I ricercatori di Chicago hanno contabilizzato 5.400 inconvenienti cardiovascolari (mortali e non: 2.088 eventi cardiaci, 1.302 ictus, 1.897 insufficienze cardiache e 113 morti) correlabili ad un consumo eccessivo di uova. In particolare, è stato possibile registrare una correlazione diretta tra aumento del consumo di uova ed aumento del rischio di cardiovasculopatie. Ma questo rapporto si è affievolito, ma non eliminato, prendendo in considerazione l’ingestione totale (e non solo derivante dall’uovo) di colesterolo.
Nel mondo scientifico sono sorte riserve relativamente a questo lavoro del quale, tra l’altro, è stata criticata la metodica.
“Il ruolo del colesterolo così come nello sviluppo delle malattie cardiache è stato discusso per oltre trenta anni. Anche il particolare contributo del colesterolo derivato dalle uova è stato rilevato in diversi lavori con risultati – ha detto alla Reuter il prof Dennis Bruemmer, cardiologo dell’Heart and Vascular Institute e professore associato di medicina presso il Medical Center dell’Università di Pittsburgh – variabili e discrepanti. Questo studio ha dei limiti evidenti, tra cui l’auto-segnalazione in un singolo punto temporale, che ne limita la validità”.
Se è vero che le uova contengono un bel po’ di colesterolo – circa 200 mg, la quantità massima giornaliera raccomandata nelle linee guida attuali – “mangiarle con moderazione è probabilmente accettabile dal punto di vista nutrizionale – ribadisce Bruemmer – Moderazione significa meno di un uovo al giorno in media, comprese le uova che si trovano negli alimenti come il pane”.
Critiche anche sono state fatte al lavoro brasiliano, pubblicato sulla rivista scientifica “European Journal of Preventive Cardiology” che ammonisce: “saltare la prima colazione e cenare poco prima (meno di 2 ore) di andare a letto aumenta da 4 a 5 volte il rischio di morte, di recidiva di infarto e di angina”. Lo studio riguardava pazienti dimessi dopo un infarto ma il loro numero è stato giudicato insufficiente per trarne conseguenze valide.
Ben più consistente, invece – dice Camille Gaubert su “Sciences et Avenir” (1 maggio 2019) che riporta anche l’opinione del prof. Eric Van Belle – la casistica che riguarda oltre 6.500 statunitensi. Cinque su 100 di loro non faceva colazione ed erano esposti al rischio di evento cardiovascolare superiore all’87% e del 19% di mortalità superiore a quella di chi, invece, abitualmente faceva la prima colazione mattutina.
A supporto, l’A. rileva che”gli studi epidemiologici forniscono prove solide di una relazione tra il salto di breakfast e rischio accresciuto di sovrappeso ed obesità con relative conseguenze sulla salute di cuore e circolazione come sottolineato dall’”American Heart Association” nel 2017.
Perché? Il motivo risiede nel prolungarsi del digiuno tra fine della cene e successivo pasto a metà della giornata successiva. Questo “digiuno prolungato” aumenta la concentrazione, nel sangue, della grelina (ormone dell’appetito), riduce l’ insulina in circolo e quindi induce a mangiare di più, aumentando il rischio di diabete e sue complicazioni.