Gli Stati Uniti hanno bisogno di un Iran aggressivo, per giustificare la vendita di armi all’Arabia Saudita o le loro basi in Qatar: per questo lo vogliono solo indebolire, ma non distruggere. E in questo favoriscono la ‘destra’ in Iran, e vanno contro gli interessi della gente”. A parlare e’ Saeed Leylaz, economista e analista politico iraniano, consulente del governo di Hassan Rohani. “Ogni approccio ostile nei confronti dell’Iran e’ contro il popolo iraniano – spiega Leylaz in un’intervista all’ANSA, che si tratti di sanzioni economiche o del bando all’immigrazione”. Ma l’Europa sta facendo abbastanza per controbilanciare l’offensiva della Casa Bianca? “Non ne sono certo – risponde – ma comunque vuole evitare uno scontro diretto tra i due, e cerca di controbilanciare e mediare, come la Russia e la Cina”. Quanto alle preoccupazioni di Israele e dell’Occidente su di un rafforzamento di Teheran come potenza regionale, dopo la sconfitta dell’Isis tra Siria e Iraq e la vittoria di fatto del suo alleato, il presidente siriano Bashar al Assad, quest’ultimo “ha chiarito in questi giorni di non volere basi iraniane nel territorio, dove restano le basi russe”, replica. Anche se l’Iran “ha speso molti soldi in Siria e le ha fornito petrolio gratis per 30 anni”. Ingiustificati dunque a suo avviso gli allarmi per un ‘corridoio sciita’ tra Baghdad e il Mediterraneo, o di un Iran superpotenza nella regione: per l’economista Teheran deve infatti fare i conti con un’economia in difficolta’, causa le sanzioni ma anche una cattiva gestione che affonda nel passato. Ai problemi economici del resto si riconducono le proteste di piazza delle scorse settimane, anche se Leylaz ritiene che ad averle innescate siano state “lotte interne per il potere”: di Ebrahim Raisi, presidente della potente Fondazione Astan Quds Razavi di Mashad, contro Rohani che lo ha sconfitto alle ultime presidenziali; e dell’ex presidente Mahmour Ahamedinejad – “che non e’ agli arresti domiciliari, precisa Leylaz, ma subisce alcune limitazioni” – contro la Guida suprema Ali Khamenei, che gli ha ritirato da tempo il suo sostegno. Lotte di potere che si riconducono alla successione nella carica della Guida. Ma che hanno scatenato proteste alimentate anche dalla disperazione di chi ha perso i risparmi di una vita per il fallimento di irregolari istituzioni finanziarie. Le forze ostili a Rohani – dice Leylaz, riferendosi ai Guardiani della rivoluzione ed alle Fondazioni religiose, “hanno mandato la gente in strada perche’ il governo pagasse” i risparmiatori. Cosa che il governo ha gia’ fatto “per tre milioni di persone, lasciandone fuori solo 20 mila – precisa – e riuscendo a far atterrare l’aereo con danni, ma senza distruggerlo”. Da Rohani sono poi giunte concessioni a chi ha protestato, ma i problemi non sono finiti e il prossimo a scoppiare, prevede, saranno i fondi per l’assistenza sociale. Infine, i casi di suicidio in carcere dopo gli arresti per le proteste, e che al momento di questa intervista risultava essere solo uno. “Non mi stupisce che un giovane si suicidi poco dopo l’arresto – dice Leylaz, che nel carcere di Evin dopo le manifestazioni del 2009 ha trascorso circa un anno, e quattro mesi in isolamento – le condizioni nei primi giorni dopo questi arresti di massa sono le piu’ difficili da reggere.