Per salvare il salvabile si lavora a Washington per un compromesso, una sorta di “terza via”, insomma, escogitata dal consigliere per la Sicurezza nazionale, H.R. McMaster per poter soddisfare la furia distruttrice di Trump anche contro questo pezzo di eredità di Obama.
E’ il Washington Post oggi a raccontare il processo con cui si è arrivati alla decisione di dichiarare che l’Iran non rispetta l’accordo e rimandare la palla al Congresso che avrà 60 giorni per decidere se reintrodurre le sanzioni. Se questo dovesse avvenire, nonostante l’Agenzia atomica internazionale abbia otto volte verificato che Teheran rispetta i termini dell’intesa, sarebbero quindi gli Stati Uniti a trovarsi in violazione dell’accordo, abbandonandolo unilateralmente. Come ormai è diventata una regola alla Casa Bianca, il processo è stato innescato da un’esplosione di rabbia con cui Trump ha accolto, lo scorso 17 luglio, la raccomandazione del segretario di Stato Rex Tillerson, del capo del Pentagono, James Mattis, ed altri di certificare – nella dichiarazione che ogni tre mesi il presidente è tenuto a fare al Congresso – l’accordo nucleare del 2015 perché, sebbene pieno di difetti, continua ad offrire agli Stati Uniti stabilità ed altri benefici. Ha fatto una vera scenata, era furioso, si sentiva incastrato, racconta una fonte del Post spiegando che il presidente non voleva assolutamente affermare che l’accordo di Obama, da lui bollato più volte come ‘disastroso’, fosse in linea con gli interessi nazionali. Litigò con i suoi consiglieri per tutto il pomeriggio, rimandò l’annuncio che poi arrivò poche ore prima della scadenza dei termini. Ma Trump affermò chiaramente che quella sarebbe stata la sua ultima certificazione al Congresso dell’accordo. Con l’avvicinarsi quindi della nuova scadenza del 15 ottobre, McMaster “ha capito che questa volta non si poteva tornare dal presidente con una scelta binaria, certificare o non certificare”, ma trovare quindi una terza via, del compromesso, che possa permettere a Casa Bianca e Congresso di annunciare nuove condizioni Usa per il mantenimento dell’intesa. E qui entra in scena Tom Cotton, il senatore repubblicano “falco” sull’Iran, che sta lavorando con la Casa Bianca per una proposta di legge in cui inserire le nuove condizioni di Trump. Una sua approvazione aumenterebbe – secondo i consiglieri di Trump – il potere di pressione di Washington sugli alleati europei che hanno già detto che non vogliono cambiare il trattato. Come ovviamente Teheran ha ribadito di non essere disponibile a riaprire i negoziati. Per partire con il piede giusto sulla strategia sull’Iran abbiamo bisogno di una decisione sulla certificazione, mandare un messaggio che il presidente non si sente costretto al rispetto dell’accordo