Sulla più influente piattaforma web di Washington, Politico, un bel reportage su quelle che gli americani definiscono “le primarie invisibili”, in vista delle elezioni presidenziali del 2020. Si tratta di un processo di selezione che portera’ alla scrematura dei possibili candidati democratici che si contenderanno la nomination blu. Nomination che condurra’ all’incoronazione dello sfidante ufficiale di Donald Trump. Il più influente sito dedicato alla politica della capitale regala ai lettori la prima pagella democratica del 2018 firmata dall’esperto Bill Scher, raccogliendo i risultati ottenuti dai personaggi più influenti del partito progressista nel corso dei passati dodici mesi. Anticipare gli scenari, intuire i cavalli vincenti, prevedere le reazioni degli elettori, sono esercizi oltremodo fallaci, anche per gli specialisti piu’ rodati. Basti pensare all’ascesa irresistibile e imprevedibile dell’ex presidente Barack Obama oppure dello stesso Donald Trump, sul quale nessuno avrebbe mai scommesso. Fatte le dovute premesse di metodo, Politico incasella risultati e personaggi dei quadri democratici in questo 2017 appena trascorso, a partire da Bernie Sanders, ad oggi il politico più amato dagli americani. L’inarrestabile senatore del Vermont ed ex candidato alle ultime primarie democratiche Bernie Sanders era stato battuto nel novembre del 2016 da Hillary Clinton. Eppure le idee del grande vecchio della politica progressista erano riuscite a catalizzare l’entusiasmo di migliaia di giovani in tutta la nazione. Dichiaratamente socialista, Sanders è riuscito a rafforzare la sua posizione dopo la vittoria di Trump. A riprova di ciò, annota Politico, il senatore nell’arco dell’anno è stato intervistato in 21 talk show domenicali su 52. Ma non si tratta solo di presenzialismo. La verità è che la figura di Sanders è diventata sempre più influente all’interno del partito, nonostante egli stesso rifiuti di considerarsi democratico tout court preferendo piuttosto la definizione di indipendente. Scelta ideologica che gli permette di giocare anche il ruolo del “riformatore” fuori dal partito. Pur partendo in una posizione di vantaggio, il campo di Sanders non è sgombro da preoccupazioni.
La Crociata
Determinata ad avere successo ed abile a giocare tutte le sue carte è stata la senatrice Kirsten Gillibrand, una delle più fiere sostenitrici delle donne nella campagna in corso negli Stati Uniti contro i comportamenti sessualmente deprecabili e le molestie degli uomini sul posto di lavoro. C’è chi parla di opportunismo politico, ma la senatrice ha raccolto ampi consensi da parte del mondo femminista americano per aver affermato che l’ex presidente Bill Clinton avrebbe dovuto dimettersi al tempo dello scandalo provocato dalla sua relazione con la stagista Monica Lewinsky. E’ stata lei una delle più intransigenti nel partito a propendere per le dimissioni del senatore Al Franken, accusato di molestie.
Il Consolatore
Si tratta di un personaggio molto adorato dagli americani, soprattutto per la sua straordinaria capacità empatica. Non è un mistero, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden, riesce a stabilire una connessione fortissima con la gente. Nonostante il diniego di una eventuale candidatura, Biden non si è fermato un attimo durante il 2017. Ha fondato due istituti di politica, l’uno rivolto agli interni l’altro agli esteri. Ha firmato editoriali per numerose pubblicazioni di rilievo, ha girato la nazione con un libro dedicato all’amatissimo figlio Beau, ucciso a 46 anni da un tumore al cervello. L’unica rilevante nube all’orizzonte arriva a causa di una storia risalente agli anni Novanta. Nel corso dell’audizione in senato per la conferma di Clarence Thomas alla Corte Suprema, nel 1991 la collaboratrice Anita Hill accuso’, inutilmente, il giudice di molestie sessuali. Biden, all’epoca presidente della commissione Giustizia del Senato, è stato recentemente criticato per non essere intervenuto a sostegno di Hill.
La non socialista populista
Si tratta della combattiva senatrice Elizabeth Warren, a sinistra del partito. Figura di spicco femminista, il suo nome emerge regolarmente come possibile candidata democratica. Lo scorso anno era iniziato con una vera e propria invasione di magliette e gadget con lo slogan “Nevertheless, she persisted”, nonostante tutto, lei ha persistito, ovvero la frase pronunciata dal leader repubblicano del Senato Mitch McConnell che stava cercando di ammonire la senatrice togliendole la parola. Uno spirito indomito, spesso considerata l’anti-Hillary. Trump la chiama “Pocahontas” deridendo le sue dichiarate radici native.
Il bersaglio
La senatrice californiana Kamala Harris è anch’essa una stella nel firmamento democratico. Afroamericana, brillante, donna: colei che secondo Politico offre “la possibilita’ della prima donna di colore presidente”. A sinistra pero’ la accusano di essere la candidata sostenuta dai finanziatori più facoltosi del partito.
I “twittatori”
L’esplosivo senatore del New Jersey Cory Booker è molto attivo sui social media, soprattutto su Twitter dove ha collezionato 3,6 milioni di follower. Meglio di lui in senato fanno solo Sanders con 7 milioni e Warren con quasi 4. Booker ha fatto dell’empatia e della comunicazione il suo punto di forza. Pur avendo un profilo meno esuberante, va nella stessa direzione anche il senatore del Connecticut Chris Murphy, diventato la voce della coscienza della nazione in fatto di controllo delle armi da fuoco, dopo la strage di Newtown, nel suo stato.
I lenti ma costanti
Si tratta di personaggi non scintillanti, eppure costanti nel loro percorso. Tra essi il senatore populista Jeff Merkley, unico senatore a sostenere Bernie Sanders alle scorse primarie contro Hillary Clinton. Ovviamente non sara’ facile per lui aggiudicarsi il titolo di “populista” del partito se messo in competizione con grandi nomi come quelli di Sanders o Warren. Ancora, il governatore dello Stato di Washington Jay Inslee, a capo dell’associazione dei governatori democratici che gli permetterà di viaggiare e tenere comizi e incontri in giro per la nazione. Un altro personaggio da tenere d’occhio è il governatore della Virginia Terry McAuliffe (gli subentrerà il governatore eletto Ralph Shearer Northam, suo vice). Vicino ai Clinton, lascia la Virginia con un’economia in crescita e la disoccupazione ai minimi storici. Ci sono poi nello stesso elenco anche il governatore del Montana Steve Bullock e la senatrice Amy Klobuchar.
Quelli che rallentano
Due i nomi di spicco: il governatore di New York Andrew Cuomo e il deputato dell’Ohio Tim Ryan. E’ il primo il nome più spendibile, ma è malvisto dai progressisti. Ad essi ha strizzato l’occhio, approvando un piano che permette ai ragazzi a basso o medio reddito di frequentare gratuitamente il college. Non positiva poi la vicenda della sua reazione ad una giornalista che lo pressava sulle accuse di molestie rivolte ad un suo collaboratore.