“Ci sono molte persone che non vogliono che Moore diventi senatore dell’Alabama – scrive il sito di estrema destra che Bannon è tornato a guidare dopo aver lasciato la Casa Bianca – non solo i democratici, ma anche l’establishment repubblicano e dei media”.
Il copione della campagna elettorale di Roy Moore delle ultime settimane, fatto di accuse di molestie sessuali, anche di minorenni, rivelate nei dettagli dai media americani; la presa di distanza e poi la condanna esplicita di leader repubblicani, con la richiesta di fare un passo indietro, i sondaggi ed i commenti della stampa, anche in uno stato ultra conservatore come l’Alabama, ha curiose assonanze con quelle delle ultime settimane della campagna, alla fine vittoriosa, di Donald Trump.
Dietro al giudice ultraconservatore, anti-gay ed anti-immigrati candidato al seggio lasciato da Jeff Sessions, non a caso vi è Steve Bannon, lo stratega che ha portato alla Casa Bianca il tycoon outsider, avversato dalla leadership, e travolto sempre nelle ultime settimane di campagna da accuse di molestie sessuali.
In vista delle elezioni di mid term, infatti, Bannon si è lanciato all’attacco dell’establishment repubblicano, promettendo di sostenere candidati che sfideranno quasi tutti i senatori Gop (Grand Old Party) che dovranno essere rieletti e chiedendo ogni giorno le dimissioni del leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell che, di fronte al moltiplicarsi delle donne che denunciano di essere state molestate, quando erano adolescenti, quando Moore era trentenne, ha affermato di credere a queste denunce ed ha chiesto, invece, al candidato di farsi da parte. La risposta arrivata da Moore, estratta dalla strategia Bannon è: “McConnell dovrebbe farsi da parte”. Moore liquida le accuse come una mera “caccia alle streghe” e punta alle elezioni del 12 dicembre.
Le ipotesi su ciò che potrà avvenire sono diverse. Alcuni senatori parlano apertamente di un’espulsione di Moore dal partito, ma altri, ricordando quanto tutta la campagna negativa abbia dato vigore alla candidatura di Trump, temono, quindi che misure del genere e il coro di condanne non farà altro che galvanizzare la base elettorale di quello che appare sempre più come un “Trump dell’Alabama”.