Al convegno della Federottica interviene Santa Fizzarotti Selvaggi, Vice Presidente Nazionale dell’Associazione Crocerossine d’Italia Onlus
(di Santa Fizzarotti Selvaggi) Il mio saluto è a nome della Presidente nazionale della Associazione Crocerossine d’Italia Onlus Donna Mila Brachetti Peretti e di tutte le Socie e i Soci della sezione di Bari guidata da Grazia Andidero. L’Associazione Crocerossine d’Italia Onlus che fu fondata da Mila Brachetti Peretti nel 2014, in quel tempo Ispettrice Nazionale del Corpo delle Infermiere Volontarie CRI, insieme ad un gruppo di donne,
ora sul territorio nazionale opera in diverse realtà. L’Associazione è aperta alle II.VV. non in stato attivo e a tutti coloro che credono nei valori dell’umanità quale ponte tra generazioni, popoli e civiltà. Il riferimento alle Crocerossine si inscrive esclusivamente nella forte motivazione di ricordare il ruolo storico delle stesse nella più ampia storia d’Italia, nel rispetto anche poi di quelli che sono stati i cambiamenti. È stato pertanto immaginato uno sviluppo di questa radice capace di aprirsi a tutti coloro che desiderano donare il loro tempo a favore di coloro che sono in stato di disagio in un mondo così complesso. Offrire, cioè, la possibilità di una nuova visione del mondo.
Grata al la Federottica e al Dott. Sorrento per aver richiesto un mio contributo
Negli occhi, nello sguardo è sempre il riflesso dell’anima e del mondo. Noi siamo i nostri sensi che il cervello, questo organo meraviglioso e in parte sconosciuto elabora dando luogo alla mente il cui prodotto sono i pensieri non disgiunti dalle emozioni. È l’emozione la madre del pensiero, scrive I Matte Blanco. Tutti i sensi, quali estensioni dell’organo centrale collaborano nel farci orientare nel mondo. Sono tutti egualmente importanti ma l’udito e la vista sono quelli che ci consentono l’uno di essere vicino alle persone e l’altro vicino alle cose. Con lo sguardo si possono toccare le cose, con l’occhio attiviamo lo sguardo della mente.
“Vedere” cioè la natura delle cose con l’occhio e con l’intelletto: ovvero con un intelligere complesso e totale, che scaturisce dalla percezione.
L’occhio conserva il suo ruolo di comunicazione privilegiato. Lo sguardo consente di vivere qualsiasi esperienza…
Quando per esempio i genitori “guardano” il proprio bambino confermano il suo senso di sé, il suo sentirsi parte del mondo. Uno sguardo può cambiare la percezione di sé riconoscendo il suo mondo interno mentre sente di essere riconosciuto dall’altro.
Quando il bambino vede se stesso riflesso nello specchio, necessita sempre dello sguardo dell’altro per riconoscersi. È il tratto unario teorizzato da Lacan che fa sì che il soggetto non senta di essere in frammenti Ci si sente “degni di esistere” così come si è senza veli o maschere: si tratta del vero Sé. Lo sguardo dell’Altro, e in questo caso della madre da forma all’informe, a quel mondo magmatico che abita dentro di noi. Il luogo del divieto (rappresentato dall’inconscio forcluso) diviene tollerabile e attraverso lo sguardo si possono contenere le angosce, gli aspetti incontrollabili. Il bambino vuole essere visto e riconosciuto dallo sguardo della madre per sentire di esistere.
Merleau-Ponty riconosce nell’occhio il fattore portante. In una sua opera, “La fenomenologia della percezione”, sostiene che l’occhio presiede alla regolazione della forma. In “Il visibile e l’invisibile”, afferma che bisogna tener conto anche della parte invisibile, vale a dire di quel mondo che si percepisce con un senso altro.
L’Occhio è lo strumento attraverso il quale il soggetto ordina e riordina continuamente il mondo. Picasso operò una inversione prospettica: da figurativo che era inventò il Cubismo, ovvero incominciò a guardare dentro le cose e gli esseri umani.
Lo sguardo senza occhio è una condizione assolutamente contemporanea: dominati dal visuale siamo assolutamente accecati. Il cervello non vede più nulla e non si accorge delle cose. (P. Virilio) Urge dunque rieducare lo sguardo per vedere il mondo da altre prospettive.
“L’occhio può perdersi, può smettere di funzionare, ma la visione è un’altra cosa, appartiene a un ordine totalmente differente”, afferma Derrida.
Che cosa significa davvero vedere? Quanto sappiamo degli occhi come strumento percettivo che il cervello utilizza per ricevere le informazioni insieme a tutti gli altri sensi? Cosa significa non vedere bene?
La psicoterapia, il sostegno, il prendersi cura dei disturbi visivi sono un vero e proprio “viaggio affettivo e emozionale condiviso” dove persona in difficoltà e operatori sono insieme ad esplorare la propria anima, le angosce in un gioco di transfert e controtransfert assai complesso. Percepire e vedere il mondo facilita la costruzione della mente ad opera del cervello. Si dà un senso alla realtà, a quella realtà che il cervello vede e che vede in relazione alle emozioni. I circuiti cerebrali si sviluppano diversamente a seconda degli stimoli, delle immagini, dei suoni, delle parole. Queste ultime con il loro corpo sonoro e le immagini che evocano possono distruggere come possono facilitare la guarigione. Le esperienze possono influenzano le connessioni neurali e l’organizzazione del nostro cervello. L’esperienza dà forma al cervello attraverso la neuroplasticità (cambiano le connessioni e questo cambia il cervello stesso) Siegel D. 2002.
Occorre essere consapevoli che, nel buio, ci manca assolutamente l’Altro, quell’altro che può rischiarare le notti.
Per un bambino l’esperienza più atroce che determina la sensazione incontenibile dell’angoscia è quella di non essere tenuto dalle mani della madre, di non essere accudito, contenuto e sostenuto, di non essere visto. Nota è l’angoscia dell’ottavo mese quando il bambino si accorge di un volto estraneo che non è quello della madre (R. Spitz)
“Non vedere l’amore”, “non essere visto”, significa esperire il senso della solitudine, una condizione disperante nel cuore della propria notte.
Essere in una stanza buia da bambini ci faceva paura, non eravamo scomparsi, ma ci faceva paura: era necessaria la mano della madre, la sua ninna nanna. Non vedevamo nulla, sentivamo noi stessi e il nostro essere inermi dinanzi al mondo, sgomenti. La luce dell’amore della mamma rischiarava il buio ed è di questo amore che si nutre l’Associazione Crocerossine d’Italia onlus, un “amore agapico” che dona agli altri.
Siamo consapevoli della necessità di giungere al cuore, all’anima delle persone in stato di fragilità vedendo il mondo da un’altra ottica, con uno sguardo altro, uno sguardo che accarezza le ferite di ciascun essere umano per facilitarne, se possibile, l’accettazione e talora la guarigione. Il bambino si perde e si ritrova nello sguardo della madre che riconoscendolo assume una funzione speculare: si struttura la funzione dell’Io. Si tratta di una metafora per dire che tentiamo di riconoscere le difficoltà per far sì che queste possano essere affrontate per aiutare a guardare la realtà interna in relazione con la realtà esterna e con la luce ritrovata in sé rendere luminoso il mondo.