Secondo uno studio di alcuni ricercatori di Montreal, l’utilizzo massivo di videogiochi “sparatutto” in soggettiva provocherebbe danni cerebrali ai soggetti più giovani e innalzerebbe il rischio di incorrere in patologie come la demenza senile in tarda età. Lo studio, condotto da Gregory West, professore associato di psicologia all’Université de Montréal, e Véronique Bohbot, professore associato di psichiatria presso la McGill University, ha esaminato l’impatto dei videogiochi sparatutto in particolare sull’ippocampo, la parte del cervello che svolge un ruolo fondamentale nella memoria spaziale e nella capacità di ricordare eventi e esperienze passate. L’analisi è stata effettuata prendendo come riferimento 51 uomini e 46 donne, ai quali è stato chiesto di giocare a vari shooter come Call of Duty, Killzone e Borderlands, ma anche a giochi 3D come Super Mario, per un totale di 90 ore. I partecipanti allo studio erano tutti soggetti sani, di età compresa tra 18 e 30 anni, senza precedenti esperienze significative nell’utilizzo di videogames. Le scansioni del cervello condotte sui partecipanti prima e dopo l’esperimento hanno cercato di individuare le differenze riscontrabili nel volume e nella consistenza di materia grigia nell’ippocampo. Nei soggetti che hanno giocato agli “sparatutto” in soggettiva è stata riscontrata un’atrofia di questa zona del cervello, mentre sono stati rilevati risultati meno preoccupanti per chi ha utilizzato videogiochi in terza persona come Super Mario. Gregory West ha affermato che questo studio è il primo a trovare prove significative sulla perdita di materia grigia in una parte fondamentale del cervello come risultato diretto dell’uso dei computer. “Sono stati finora pubblicati alcuni studi che mostrano che i videogiochi potrebbero avere un impatto positivo sul cervello, in particolare potrebbero portare a miglioramenti nel controllo delle capacità motorie. Ma finora nessuno ha dimostrato che le interazioni uomo-computer potrebbero avere anche impatti negativi sulle capacità cerebrali” ha dichiarato West. Gli studi, in particolare, hanno rivelato che l’utilizzo di videogiochi stimolerebbe maggiormente una parte del cervello, chiamata nucleo caudato, che innesca una sorta di pilota automatico per le azioni ripetitive, a danno invece dell’ippocampo. La stimolazione dei due centri nervosi è infatti inversamente proporzionale, ossia più si stimola il nucleo caudato e meno viene stimolato l’ippocampo. Quindi, più il nucleo caudato viene utilizzato e meno viene sfruttato l’ippocampo, con una conseguente perdita di cellule nell’area interessata. Quello che è importante notare è che l’ippocampo contribuisce all’elaborazione di funzioni come la vista ed il movimento, ed inoltre una sua alterazione è statisticamente associata a patologie come depressione, schizofrenia, disturbi cognitivi ed Alzheimer. Quindi, la diminuzione delle cellule dell’ippocampo potrebbe avere importanti implicazioni nello svolgimento della vita, fin’ultimo in tarda età. Secondo i ricercatori, inoltre, proprio per questa possibile correlazione, è sconsigliabile, per chi soffre delle malattie citate, seguire trattamenti basati sulla pratica di videogiochi d’azione. Lo studio ha suscitato notevoli polemiche, in quanto ciò che si è riscontrato non rivela necessariamente un rapporto di causa ed effetto tra videogiochi e malattie, ma solo l’insorgenza di alcune disfunzioni dell’ippocampo che lasciano ipotizzare una maggiore vulnerabilità. Ma è d’altronde lo stesso West ad affermare che i risultati di questa ricerca dovrebbero essere presi con le pinze, in quanto sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere effettivamente se una ridotta integrità dell’ippocampo – conseguenza di eccessivo uso di videogame – possa essere effettivamente legata allo sviluppo di possibili disturbi psichiatrici. E’ comunque in ogni caso importante chiedersi cosa ciò possa significare per i bambini e i giovani, che solitamente utilizzano molto questi giochi. “I bambini si appassionano ai videogiochi mentre il loro cervello è ancora in sviluppo, e questo potrebbe potenzialmente portare loro verso danni significativi”, ha detto West. Infatti, l’atrofia dell’ippocampo potrebbe rivelarsi ben maggiore in soggetti in crescita le cui funzioni cerebrali devono ancora essere del tutto modellate. Tutto questo non significa che vanno aboliti gli “sparatutto” ma che i produttori di questi ‘game’ potrebbero utilizzare strategie di programmazione per evitare i danni. Basterebbe introdurre modifiche nei loro prodotti in modo da favorire le strategie di apprendimento spaziale e, così, favorire la conservazione della materia grigia nell’ippocampo. E, in ogni caso, come per tutti i campi della vita, è necessario trovare il giusto equilibrio: ossia è fondamentale giocare a differenti generi di videogames in egual misura, dagli FPS ai puzzle, dalle avventure grafiche agli RPG. Infatti, il bilanciamento fra i vari tipi di giochi è importante per lo sviluppo sano del cervello e delle sue funzioni. Un po’ come per la sana alimentazione, in cui non ci si può limitare a mangiare tutti i giorni hamburger, patatine e bevande gassate, ma in cui bisogna attuare una sana strategia di alternanza e di giuste dosi.
di Giovanni Calcerano
Foto Gamempire