di Massimiliano D’Elia
Le conseguenze umanitarie del decennale conflitto nello Yemen, aggravate dalla situazione nel Mar Rosso, sono di proporzioni inimmaginabili, con milioni di persone colpite dalla fame, dalla mancanza di cure mediche e dallo sfollamento forzato. Probabilmente la crisi nel Mar Rosso degli ultimi giorni accenderà un faro su un Paese che vive da anni una situazione interna drammatica.
La crisi nel Mar Rosso ha, pertanto, assunto una portata geopolitica e umanitaria globale, con impatti che si estendono ben oltre i confini dello Yemen, coinvolgendo attivamente diversi attori regionali e internazionali, sollevando così gravi preoccupazioni per la sicurezza e la stabilità nella regione con evidenti ripercussioni su un tratto di mare, considerato vitale per il commercio mondiale.
La crisi nel Mar Rosso ha, di fatto, generato tensioni tra diverse fazioni, portando ad una militarizzazione sempre più accentuata della zona, specialmente a seguito della guerra tra Israele e Hamas, allorquando il gruppo ribelle filo iraniano degli Houti, come risposta ad Israele, ha intensificato i suoi attacchi a mezzo droni d’attacco e sciami di piccoli barconi contro il naviglio commerciale in transito sul Mar Rosso, costretto ad attraversare l’imbuto obbligato costituito dal canale Bab al-Mandab.
Il canale Bab al-Mandab
Il Bab al-Mandab riveste un ruolo cruciale come via commerciale, considerata vitale, soprattutto per il trasporto marittimo di petrolio e gas naturale. Le spedizioni totali di petrolio attraverso il Bab al-Mandab, insieme al Canale di Suez all’estremità settentrionale del Mar Rosso e al gasdotto SUMED -che attraversa via terra l’Egitto dal Mar Rosso al Mediterraneo- costituiscono circa il 12% del volume totale di petrolio scambiato via mare nella prima metà del 2023. Allo stesso tempo, le spedizioni di gas naturale liquefatto (GNL) provenienti da questa regione rappresentano circa l’8% del commercio mondiale di GNL, secondo le recenti statistiche pubblicate dal governo degli Stati Uniti.
Questo canale è diventato, nel tempo, un punto focale delle rotte marittime globali, sottolineando la sua importanza strategica nell’economia mondiale dell’energia. La presenza di gruppi ribelli, tra cui gli Houti, ha contribuito a creare un ambiente instabile in questa regione chiave, richiamando l’attenzione di attori internazionali che hanno interessi strategici legati al controllo delle vie di navigazione e alla sicurezza delle spedizioni energetiche. La situazione nel Bab al-Mandab si inserisce così in un contesto più ampio di complessità geopolitica e di sfide legate al trasporto di risorse energetiche e non solo su scala planetaria.
Mar Rosso militarizzato
Il Mar Rosso è, pertanto, una rotta chiave per il trasporto di petrolio e merci, e la minaccia di attacchi alle navi commerciali di questi giorni ha suscitato preoccupazioni in seno ad organizzazioni internazionali di rango come Onu ed Ue. Attacchi contro petroliere e navi cargo nel Mar Rosso hanno innescato un aumento delle tensioni nel panorama energetico globale, con impatti diretti sui mercati petroliferi e sulle strategie di sicurezza energetica di diverse nazioni.
La comunità internazionale, inclusi organismi come le Nazioni Unite, stanno cercato di mediare e trovare una soluzione pacifica alla crisi, ma le sfide persistono. Gli Stati Uniti hanno promosso l’Operazione militare Prosperity Guardian cercando di coinvolgere diversi paesi occidentali, Italia compresa. Il nostro Paese ha deciso di inviare la fregata multi-missione ‘Virginio Fasan’ nell’area, nel contesto della copertura legale della missione Atalanta.
L’instabilità dello Yemen viene da lontano
L’instabilità nello Yemen ha radici profonde con una storia complessa. La divisione decennale tra lo Yemen settentrionale, governato autoritariamente da Ali Abdullah Saleh, e la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen nel sud ha sempre ingenerato continue tensioni. La riunificazione nel 1990 ha visto emergere il gruppo dei ribelli Houti, noti come “Ansar Allah,” (i partigiani di Dio), che rappresentano la minoranza sciita del Paese che comprende il 40% della popolazione.
Originari di Saada nel nord-ovest, gli Houti sono affiliati agli Zaydi, una branca sciita vicina al sunnismo. Passando da attività religiose a impegni politici contro il governo di Saleh, il gruppo ha subito trasformazioni, cambiando nome nel 2004 in onore di Hussein al-Houti. L’uccisione di quest’ultimo ha scatenato un conflitto prolungato con il governo centrale, causando numerose vittime e sfollati.
Nel 2012, durante le rivoluzioni arabe, Saleh fu deposto e sostituito da Abdu Rabdu Mansour Hadi con il sostegno dei Paesi del Golfo e dell’Occidente. Durante la transizione, gli Houti hanno consolidato il potere militare, attirandosi l’ostilità di gruppi sunniti, incluso Al-Qaeda. Nonostante un Accordo di Pace nel 2014 sotto l’egisa dell’Onu recenti tensioni, evidenziate dalla presa del palazzo presidenziale, evidenziano la persistenza delle tensioni.
Lo Yemen, sebbene economicamente svantaggiato, riveste importanza strategica nella lotta contro il terrorismo internazionale. Il coinvolgimento di un attentatore di Parigi, addestrato in Yemen sottolinea la necessità di affrontare la situazione con molta attenzione per evitare che il paese cada nelle mani di gruppi terroristici con ambizioni dirompenti nei confronti delle società occidentali.
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