Conte-Zingaretti state  sereni, Renzi ha promesso di non staccare la spina

(di Andrea Pinto) “La decisione di andarcene è presa. Che senso ha aspettare ancora? Per ascoltare l’ennesimo appello, magari nemmeno del tutto sincero, all’unità?. La decisione è presa, conferma un fedelissimo di Renzi. La conferma ieri sera quando Matteo Renzi prima di rientrare dall’Inghilterra ha telefonato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per comunicargli la decisione; “esco dal Pd”. 

 “Frenature? Non credo ci saranno” precisa lo stesso fedelissimo renziano. Forse già in settimana potrebbero nascere i nuovi gruppi renziani: venti deputati per formare un gruppo autonomo a Montecitorio e una pattuglia di senatori che andrà nel Misto. Ciò,  perchè al Senato il regolamento non prevede la costituzione di nuovi gruppi a legislatura in corso, dove vengono accolti sono i simboli di partito già presentati. 

Tra i deputati coinvolti nell’operazione il vicepresidente Ettore Rosato, Maria Elena Boschi, i due sottosegretari Ivan Scalfarotto e Anna Ascani, Michele Anzaldi, Luciano Nobili, Luigi Marattin (in pole come capogruppo), Silvia Fregolent, Mauro Del Barba, Carmelo Miceli. 

“Non stiamo facendo campagna acquisti. L’ultima telefonata di un deputato interessato mi è arrivata stamattina…”. Al Senato i numeri saranno più contenuti e con Renzi dovrebbe spostarsi con ogni probabilità il fedelissimo Francesco Bonifazi ma non Andrea Marcucci che, gli stessi renziani, vorrebbero restasse a guida del gruppo Pd

Tra i parlamentari che potrebbero seguire Renzi anche Roberto Giachetti che ieri  ha pubblicato un video su Fb per annunciare  le dimissioni dalla Direzione dem in quanto “frontman” del no ad ogni ipotesi di accordo con i 5 Stelle. “Non potrei continuare a stare in una cabina di regia politica che deve sostenere questo progetto, non essendone convinto fino in fondo. Dentro di me non possono nascondere i dubbi che ho“. 

I gruppi renziani nascono con l’impegno di sostenere il governo – Teresa Bellanova da ministro sarà capodelegazione palazzo Chigi – e su questo si vuole rassicurare sia M5S che il premier Giuseppe Conte. 

Ma con l’intento di segnalarsi per una linea non accomodante con i 5Stelle. I ‘RENZIANI moderati’ di Base riformista, la componente Lotti-Guerini, restano nel Pd. Alessia Morani e Simona Malpezzi, lasciando palazzo Chigi dopo il giuramento da sottosegretari, sembrano confermarlo. “Faccio un appello all’unità, io mi auguro che nessuno faccia una scelta incomprensibile per gli elettori”, dice Morani e Malpezzi: “Il Pd è una casa plurale dove c’è spazio per tutti”. 

Nel Pd parlano di separazione consensuale, ma non è così perchè in molti storcono il muso, uno fra tutti il Senatore Zanda e altri che hanno faticato per stringere l’alleanza con i 5 Stelle.

Questa ennesima giravolta di Matteo Renzi, suona come un “Conte– Zingaretti state sereni”. Matteo Renzi vuole cogliere le poche opportunità che gli si presentano per tornare sulla scena politica italiana con i “titoli che contano”. Ora è relegato in un angolo del Senato e l’unico modo per decidere in autonomia sulle scelte politiche  è quello di staccarsi da Pd. Al Senato i voti dei senatori renziani sono “indispensabili” per la tenuta del governo ed è proprio su questo terreno che Matteo Renzi vuole dettare la sua linea politica da contrapporre, laddove ritenuto necessario, alle linee programmatiche “indigeste” del Movimento 5 Stelle. Matteo Renzi potrebbe tirare la corda fino all’ultimo voto al Senato per costringere il Pd a cedergli nuovamente lo “scettro, ovvero a Forza Italia di favorire la nascita di un centro moderato”.  

I Sondaggi sulla nuova entità politica di Renzi

Alessandra Ghisleri, già a marzo scorso, aveva  testato il terreno su cui l’ex premier Matteo Renzi intende posizionare il suo nuovo partito: “Allora misurammo il bacino di utenza degli elettori potenzialmente interessati al progetto e lo fissammo tra il 6% e l’8%, specificando anche che non tutti gli interessati avrebbero poi votato un eventuale “partito di Renzi“.

Il Corriere della Sera riporta anche il dato di Lorenzo Pregliasco, fondatore di YouTrend, che parte da un dato grezzo estrapolato per Sky in piena crisi di governo, ai primi di settembre: “In quei giorni la fiducia in Renzi era del 15-20%. Un dato molto basso (il presidente Conte era oltre il 50%, ndr) che realisticamente accredita un partito che si richiama a Renzi intorno al 3%-3,5%”. Le cifre citate precisa Pregliasco, non devono trarre in inganno perché non ci sono elezioni in vista e, dunque, sono molto numerosi gli indecisi. E poi nella logica delle coalizioni chi raggiunge il 3% o anche il 5% può rappresentare l’ago della bilancia per una maggioranza oppure non contare nulla perché non supera la soglia di sbarramento.

Roberto Weber (Ixè) ritiene: “piuttosto alta la soglia del 5%” data al «partito di Renzi». Secondo Weber Renzi punta a un’area moderata, che corteggia l’elettore attratto dalla politica del fare e non si trova con un governo troppo sbilanciato a sinistra.

Carlo Buttaroni di Tecnè, invece, dice: “Quando il Pd era all’opposizione e relegato in un angolo, la forza attrattiva di Renzi era del 4%-7,5%”.

 

Conte-Zingaretti state sereni, Renzi ha promesso di non staccare la spina